Se la vita è tua, accetta la responsabilità: la salute dipende da questo.

Uno dei maggiori controsensi dell’esistenza adulta è l’affermazione di essere proprietari e proprietarie di sé nel momento stesso in cui si additano eventi esterni, persone e circostanze come responsabili per il proprio stato d’animo. Non è mai vero che ciò che proviamo dipende da qualcosa che è accaduto o dal comportamento altrui: ogni stato dell’umore è una decisione che mette insieme razionalità e istinto e troppo spesso tende a spostare fuori ciò che è esclusivamente interno. Incolpiamo l’esterno perché è più facile, perché da adulti tentiamo di ritornare bambini per nasconderci da qualche parte e lasciare che i problemi si risolvano da soli o ci sia qualcuno che li affronta per noi.

Il medesimo trauma non provoca la stessa reazione in due persone differenti, e nemmeno nella stessa persona induce a provare identici sentimenti e agire in modo uguale in tempi diversi: è la percezione che abbiamo a creare la reazione, la nostra interpretazione. Si tratta, in sintesi, di accettare che il possesso di sé, sacrosanto e legittimo, significhi anche assumersi la responsabilità totale di come si sta: non esistono colpevoli fuori, ma solo la perdita della consapevolezza di chi siamo. Se dimentichiamo di possedere un sistema psicofisico in grado di evolvere insieme agli eventi cerchiamo rifugio fuori, ci fa comodo dire che è stato qualcun altro (o qualcosa d’altro) a farci stare male, e in questo modo spostiamo il centro del nostro potere, il nucleo della salute fisica e psichica. Dovremmo prestare molta attenzione alle conseguenze di questa deresponsabilizzazione.

Vale anche nel lutto: se è vero che non possiamo modificare le perdite dolorose cui andiamo fatalmente incontro nel corso dell’esistenza, è altrettanto vero che uscire dallo stato di prostrazione dipende dal rispetto che abbiamo per la nostra interiorità, dalle resistenze che mettiamo in campo e dall’apertura al nuovo, alle dinamiche suggerite dalla Voce Guaritrice interna, alla prosecuzione del cammino.

Sapete cosa succede quando affronto l’argomento della responsabilità individuale di fronte ai traumi, alle malattie, al dolore? In una certa percentuale dei casi mi sento dire che sto colpevolizzando in modo ingiusto chi si trova nella difficoltà. Non solo non è vero, ma è la lettura opposta alla verità: accettando di guardare noi stesse/i facciamo l’unica cosa utile, cioè ci ricordiamo che il potere vero di esplorare le strade inconsce e consce non ha altri proprietari se non noi. Nei percorsi in studio e online cerchiamo il centro che si è perso, il fuoco che appare affievolito, recuperiamo a noi uno sguardo che, a un certo punto, ha trovato più comodo rivolgersi fuori. Il centro del potere è nostro: andiamo a cercarlo.