“Ho fatto tanti corsi motivazionali, eppure…”. Gli scivoloni di chi bussa alla psiche, ma non entra.
Metto le mani avanti: non solo partecipo come insegnante, ma organizzo in prima persona seminari e master sulla leadership e sul pensiero-parola motivazionale. Non si può dire che sia contraria a un certo tipo di aiuto e sostegno per chi desidera migliorare le prestazioni e raggiungere livelli personali e professionali di particolare spicco. Credo anzi che sia fondamentale acquisire tecniche e punti di vista che eliminino l’autosabotaggio!
I libri che scrivo e le sedute individuali sono pieni di inviti a pensare, parlare, visualizzare in un certo modo. Il fatto è che possiamo adottare le tecniche di crescita personale solo se prima abbiamo approfondito l’ombra che ci abita, con i suoi trabocchetti, le fragilità e le preziose visioni istintive di saggezza. Se incolliamo nella testa metodi che funzionano li perdiamo poi inevitabilmente per la via, incontrando difficoltà che nella vita sono inevitabili.
Ho una visione dell’essere umano che mette insieme differenti livelli energetici: studiando e prendendomi cura del corpo fisico e della mente (che, di fatto, sono un’unità integrata) so che non è possibile garantire un vero insegnamento di leadership se non si prendono in considerazione tutti i fattori che ci rendono capaci di prestazioni eccellenti. Per “prestazione eccellente” intendo non solo la scalata e la capacità di mantenere un ruolo apicale, ma anche e soprattutto la preparazione ad affrontare incidenti, delusioni, cambiamenti negativi, crisi senza flettere nel rendimento desiderato.
“Quando il gioco si fa duro…” dovrebbe essere una massima che non riguarda esperienze che incollano esclusivamente nozioni in positivo, ma formazioni che scavino nel profondo e sappiano come portare fuori dall’abisso.
Non mi stupisco quando ricevo in psicoterapia pazienti che chiedono il mio aiuto e raccontano di avere partecipato a seminari di altissimo livello con formule e “trucchetti” infallibili, ma di essere caduti (cadute) su una crisi individuale che, non si sa come mai, ha travolto le performance lavorative. Nella maggioranza dei casi se mi faccio raccontare come fossero strutturati quei seminari scopro che non era stato dedicato un tempo adeguato a un approccio di psicoterapia del profondo.
Ognuno di noi ha bisogno di andare in psicoterapia? Ni. Prima o poi dovrebbe essere così, ma la libertà individuale è sacra. Preferisco pensare che non sia possibile raggiungere un livello stabile nella leadership (o nella gestione di una relazione d’amore o della famiglia) se non si sono acquisiti gli strumenti interiori utili alla vera consapevolezza di sé. Non provate a spiegarmi che sia possibile ottenerli con i corsi o seminari improntati a formule infallibili, elenchi di priorità, calcolo razionale e pensiero positivo, meditazioni con affermazioni o visualizzazioni, magari con un tocco sciamanico (va molto di moda affiancare gli sciamani): non è così. A ognuna delle pratiche che ho elencato va unito un percorso serio sull’inconscio, sulle emozioni, sull’indagine interiore.
Qualunque trauma e qualsiasi crisi possono abbattere (facilmente) chi ha brillantemente superato gli esami finali dei corsi motivazionali: non esiste formula precostituita e confezionata per il successo che insegni a fare fronte al buio, all’ombra che – fatale – emerge quando le cose non funzionano. Nella vita prima o poi tocca scivolare: fermarsi dopo qualche ruzzolone e rialzarsi meglio di prima richiede la serietà di farsi aiutare per guardarsi dentro. In sintesi: per la vera leadership la psicoterapia è, sì, sempre necessaria.