La vera prevenzione e la vera cura: cosa volete ricevere?

Credo nella cura perché ogni essere vivente ha il diritto di ricevere tutto l’aiuto migliore quando si trova in difficoltà, e questo aiuto potenzialmente arriva da molte fonti terapeutiche non necessariamente convenzionali. Credo nella prevenzione vera, che mette insieme elementi scoperti dalla scienza nell’ambito dello stile di vita e della diagnosi precoce, dei vaccini e dei rimedi farmacologici e il mondo della profondità, delle emozioni, di una parte ancora misteriosa che ha un ruolo nel mantenere la salute o generare la malattia.

Queste due credenze mi appartengono e hanno portato al viaggio che sto affrontando: è il vero concetto di medicina e prevenzione, cioè l’integrazione corpo-mente e la scoperta di ogni possibile fonte di benessere negli approcci convenzionali e non convenzionali.

Scrivo questa riflessione perché la considero necessaria. Ad alcuni sembra ancora strano che un medico con alcune specializzazioni scientifiche e un master si occupi di approfondimenti nella medicina non convenzionale, orientale, sciamanica, naturale: è bizzarro, in realtà, che esista questa percezione visto che gli albori della medicina convenzionale sono proprio in queste vie. Ma, purtroppo, l’essere umano tende a dimenticare o a rimuovere illudendosi che ogni novità cancelli la tradizione che l’ha generata.

Prevenire i disagi e le malattie è un’opera che può iniziare adesso, subito, e non riguarda solo l’alimentazione o il fumo o gli esami di controllo e l’esercizio fisico: prima di ogni altra cosa riguarda l’interiorità e il modo di vivere se stesse/i. La medicina non è solo per le persone malate: è il faro che dovrebbe guidare chi è sano e vuole rimanerci. Alludo alla medicina vera, dell’interiorità e del corpo fisico, occidentale o di altri continenti, convenzionale e non.

Settorializzare i messaggi illudendo la gente che basti mangiare in un certo modo (quale, poi, non si sa perché ormai si trova ogni genere di suggerimento con dati scientifici a supporto) o camminare a lungo o non fumare (eccetera) significa spostare gli occhi dal vero obiettivo: insegnare che questi comportamenti virtuosi nascono dall’amore di sé, da un pensiero che accompagna a realizzarsi sul proprio vero percorso e ad amare in pieno senza temere gli incidenti, le cadute, le delusioni. Le emozioni sono (anche) sostanze chimiche e hanno un effetto potente su tutti gli organi e gli apparati: cosa vogliamo farne, allora? La prevenzione è centrarsi e realizzarsi evitando il più possibile di rimuovere e bloccare idee, traumi, sentimenti, spinte interiori, emozioni, desideri e rabbia.

Quando la malattia si è già sviluppata la Via della Cura dovrebbe essere aperta a ogni contributo, con la sapienza di escludere ciò che confligge (non tutti i rimedi naturali vanno bene insieme alla medicina convenzionale) e di cercare, aggiungere, armonizzare differenti approcci culturali nel nome di chi sta male. Che la medicina convenzionale non raggiunga l’obiettivo di guarire tutti i pazienti è un’evidenza chiarissima, e lo stesso vale per gli approcci non convenzionali: chissà, magari i medici e gli altri terapeuti sono destinati a mettere insieme, integrare, stabilire un’alchimia creatrice per nuove e vere forme di cura che non buttino via niente e neanche facciano pasticci mescolando in modo inconsapevole. Solo con la cooperazione e con l’apertura alla vera idea di cura e di prevenzione si potrà iniziare a farlo.

Molti mi hanno considerato una secchiona: non amo la definizione, ma ammetto di apprezzarne alcune sfumature. Mi è sempre sembrato logico leggere le pubblicazioni scientifiche e raggiungere due (quasi tre, ormai) specializzazioni e un master nella medicina convenzionale, come mi è apparso bello e naturale lavorare tanto a lungo in un centro di eccellenza che è il primo nel mondo per la ricerca e la cura su alcuni tumori: la stessa tenacia ho usato nell’incuriosirmi nei confronti di cure che, se si pensa in modo sbagliato, si definiscono alternative. E’ sbagliato chiamarle così perché dovrebbero essere viste come aiuti potenzialmente validi, andrebbero studiate meglio per non lasciare che siano gestite su binari paralleli e non comunicanti rispetto alla terapia convenzionale: un bravo medico deve essere in grado di includere o escludere, aggiungere o togliere avendo conoscenza di quali strumenti esistano in tutte le culture del mondo.

Per chi mi scrive perché ha letto i miei libri o ha colto nei social la totale apertura ad approcci non ancora riconosciuti dalla medicina convenzionale: grazie se avete compreso che questo modo di essere medico non ha mai tradito il giuramento e gli studi che ho fatto e continuo a fare, mi considero più medico io con la mente spalancata e curiosa e con il dialogo totale con i pazienti rispetto a chi liquida alcune domande sulle cure alternative con un banalissimo “non ci credo”. Applico la prevenzione perché ascolto, osservo, mantengo fermissima e salda la visione del medico che ho ricevuto da mio padre e dalle Maestre e i Maestri che via via si sono succeduti: non ci si occupa solo del corpo fisico, si previene e si cura occupandosi della mente, delle emozioni, della storia individuale, dei traumi e dei perdoni mai dati.

Sono al terzo anno di specializzazione in psicoterapia psicosomatica: acquisisco tecniche e rendo più fluido l’incontro con chi ha un disagio, ma non ritengo di fare niente di diverso rispetto a quanto un medico dovrebbe sempre fare, cioè ESSERCI. Essere lì per ogni persona, sana o malata, esistere e restare nella posizione dell’amore e dell’ascolto: non c’è la necessità di una bolla papale per agire nel bene e nella prevenzione vera, che è dentro e fuori rispetto a un corpo fisico che onoro e rispetto con tutti gli strumenti terapeutici che ho appreso. Chi non si fida e, senza conoscere, crede che questo comportamento violi in qualche modo l’integrità della medicina dovrebbe semplicemente approfondire, chiedermi e scoprire ciò che i cosiddetti pazienti non hanno mai faticato a capire: ogni medico deve semplicemente ricordare chi è e perché si trova lì.