Quando i piedi rifiutano di collaborare.

Storia di un uomo i cui piedi non vogliono funzionare (forse).

Di recente in una visita di medicina psicosomatica ho incontrato un uomo di 49 anni con dolori ai piedi la cui natura non è mai stata chiarita nonostante numerosi esami e continue visite mediche. Atletico e cordiale, ha parlato mantenendo una postura dritta ma non rigida, guardandomi negli occhi e con una voce tranquilla, senza interruzioni. Ha detto di essere stato mandato da una mia paziente, si è fidato senza sapere cosa significhi il termine psicosomatica. Ha macchie di psoriasi sui gomiti, sbuffa e si gratta un polso quando parla della famiglia. Ha due bambini, una compagna rimasta in sala di attesa a leggere un libro e ha perso i genitori in un incidente stradale sei anni fa.

Suo fratello ha dodici anni meno di lui: poco attento al lavoro e alla gestione della vita affettiva, incosciente, spendaccione, incauto. Mi spiega di avere predisposto un fondo a suo nome “per ogni evenienza” e di corrispondergli la metà dei proventi dell’azienda ereditata dai genitori. Controlla segretamente le sue spese perché ha paura che scialacqui senza badare al futuro.

Il problema per cui chiede il mio parere è legato a dolori lancinanti ai piedi che si manifestano all’improvviso e gli impediscono di dedicarsi alle sue passioni: la bicicletta, il tennis, la corsa.

Gli chiedo se entrambi i piedi abbiano il medesimo dolore: “Una volta sta male un piede, un’altra volta fa malissimo l’altro. Non c’è una regola”. Quando domando quale sia il fastidio più grande: “Non riesco ad andare, non mi muovo. Sembro insabbiato”.

In psicosomatica lo scheletro assume significati che dipendono dal settore corporeo coinvolto, è molto rilevante se a soffrire siano articolazioni, muscoli, ossa corte, piatte o lunghe.

Il linguaggio psicosomatico è simbolico: cercare razionalmente una legge causa-effetto riduce al minimo la probabilità di cogliere il nucleo del problema.

Controllo gli esami che ha portato: sangue, risonanza magnetica, valutazioni ortopediche e fisiatriche. Intanto lo ascolto: spazia qua e là con gli argomenti, ma ritorna sempre al cruccio che riguarda suo fratello.

-Sta prendendo decisioni che lo riguardano?

Si blocca, dopo un istante fa una smorfia e tocca un piede.

-Scusi, una fitta improvvisa. Sì, in realtà sto decidendo di toglierlo dalla gestione dell’azienda: devo proteggere i dipendenti, ma anche lui. Stando fuori non creerà danno.

Mentre mi spiega le mosse amministrative e legali il dolore al piede aumenta. Il linguaggio simbolico, quindi, inizia a ululare. Il sintomo si sta mostrando, l’immagine che manifesta è un uomo che ama il fratello e non riesce ad affrontare il viaggio più difficile, l’esautorazione da un’impresa di famiglia. Non vorrebbe andare lì.

Ho scelto questo caso perché in modo più immediato rende l’idea di cosa significhi avere sintomi che rivelano, raccontano, spiegano. Non mi dilungo nella sua via della cura, che sicuramente non sarà solo farmacologica e prevederà una parte psichica e qualche aggiustamento di vita.

Mi interessa che si comprenda che la psicosomatica non si basa sulla consultazione di testi che dicono che “il piede vuole dire questo o quello”, ma sull’emersione di immagini e suggestioni che riguardano la singola persona.

Lasciare affiorare, stimolare suggestioni e attività immaginative (“insabbiato”), osservare e ascoltare con calma: fare il medico come è sempre stato, quindi, aggiungendo una consapevolezza in più.