Sono una vittima di Villanelle e per questo sono grata. La serie “Killing Eve” porge senza troppa gentilezza tante verità che dovrebbero accendere constatazioni salutari.
La prima: nessuno di noi è solo bene o solo male, in noi coesisteranno sempre entrambe le parti e troveranno il modo per manifestarsi.
Se pensate che basti non essere killer professioniste per dirsi diverse da Villanelle osservate la metamorfosi di Eve, ma soprattutto pensate a tutte le volte in cui avete voluto fare fuori qualcuno che vi disturbava. O qualcuno che vi faceva paura, o vi ispirava antipatia. Con “fare fuori” intendo uccidere psicologicamente o mettere a disagio, incolpare, screditare, stringere in un angolo per sentirvi più forti. E’ come uccidere, ma aggiustiamo le cose con la nostra coscienza dicendo che non abbiamo avuto scelta.
La seconda: chi sceglie di tutelare il bene e combattere il male deve prestare attenzione al confine labilissimo, quasi invisibile, tra i due.
L’ego di chi si sente buono è spesso peggiore dell’ego di chi sa di agire in modo cattivo. Nel fanatismo c’è la convinzione di essere nel bene. Non è così raro saltare di qua e di là credendo di agire nel nome del bene, giudicando gli altri da un piedistallo pericolosissimo.
La terza: le donne sono capaci di moltissimo amore, ma anche di una grande inventiva nell’agire nel male.
Non hanno meno crudeltà rispetto all’uomo, la cattiveria le riguarda anche se è agita in modo differente. Villanelle, Eve, Carolyne, Helene e tutte le figure femminili che animano la serie usano il cuore, ma questo non è garanzia di un intento luminoso. A volte il cuore le porta a una fragilità, altre volte le aiuta a osservare da più punti di vista, altre ancora le sostiene in una pazienza che può trasformarsi in crudeltà. “Killing Eve” è un mondo di donne che si rincorrono, si rifiutano, si attraggono, si amano e detestano, si feriscono, si uccidono, si proteggono. Alcuni uomini fanno parte della scena, ma la sensazione è che sia l’energia femminile con i suoi tumulti e le sue inattese aperture a mandare avanti la storia.
La quarta: le scene erotiche sono appena accennate, ma si comprende molto bene che l’eros tra donne sia realmente eros.
Eros vero tra donne e non, come vorrebbero alcune mentalità, una specie di coccola tenera che non può infiammarsi di passione e di vero piacere. L’illusione che solo la presenza di un uomo garantisca la completezza del piacere è assente in una narrazione che, pure tacendo, mostra la potenza del desiderio femminile. E’ necessario che si raccontino le verità del desiderio, che le si raffigurino senza ipocrisia: le donne desiderano, godono, giocano, tradiscono come gli uomini. Anche tra loro.
Bianco e nero, luce e ombra, bontà e cattiveria coesistono in noi. Nessuna/o può affermare con tranquillità di conoscersi e garantire che la parte nera non emergerà compiendo atti impensabili che, di solito, si attribuiscono sempre e solo “agli altri”. I mostri esistono: dormono dentro di noi. A volte sono perfino simpatici.