Lavorare in medicina e psicoterapia apre la porta a ogni tipo di incontro: è un’esperienza meravigliosa e, qualche volta, frustrante, che insegna a rispettare l’altrui percorso di vita anche quando completamente diverso dal proprio. Capita che le soluzioni possibili siano evidenti, a portata di mano, ma per il paziente non sia il momento di afferrarle e farle proprie: ampliare le specializzazioni mediche con la psicoterapia ha reso ancora più necessario accettare che ognuno di noi scelga consapevolmente di aderire alla guarigione oppure rimandare.
Mi piace essere pratica: se mi si chiede aiuto prediligo porgere forma concrete di recupero di un equilibrio, perché il corpo fisico e la mente (non separati, in verità) si incamminino su un percorso di vera salute in totale armonia. Il fatto è che la concretezza del medico-psicoterapeuta a volte non coincide con il fare del paziente. Con “fare” non alludo a qualche lavoro fisico o a compiti a casa da eseguire con pedissequa diligenza: mi riferisco all’applicazione quotidiana di principi ideali che, di solito, trovano d’accordo più o meno tutti.
Vibrare alto o basso: chi ormai non conosce queste espressioni? Chi non condivide che alcune situazioni, parole, persone, abbassano la nostra energia, mentre altre la innalzano e stimolano la voglia di esistere, fare, evolvere, proseguire? La teoria è stata ormai compresa, ma a pochi viene in mente che si debba passare alla realizzazione pratica: sono discorsi da bar, da cene con gli amici, da esoteristi dell’ultima ora che non approfondiscono mai. I discorsi depressivi, le memorie pesanti, le scelte personali e professionali svilenti o inadatte continuano a popolare l’esperienza giornaliera, e più si cerca di focalizzare l’attenzione su una specie di autolesionismo energetico più si ottiene la risposta standard “ma è difficile!”.
Certo, è difficile: prendersi cura di sé è atto d’amore e abbiamo disimparato ad amarci, così tanto che confondiamo l’amore per sé con un sano egoismo; che l’egoismo non sia sano è una realtà, e che con l’amore non c’entri niente altrettanto. Amarsi non è diventare egoisti! La guarigione interiore è un passaggio fondamentale quando cerchiamo l’equilibrio, che il corpo fisico sia sano oppure malato: per arrivare al percorso che ho chiamato la Via della Cura il primo sguardo deve riguardare noi, ciò che abbiamo dentro, ciò che siamo, la parte silenziosa che non abbiamo ancora espresso in pieno. E il passo pratico è accedere alle verità energetiche che in fondo già possediamo, renderle atteggiamento normale.
“Sono una malata, sono una paziente oncologica”: quando in studio incontro una donna che, per la prima volta, arriva in visita e si definisce usando la malattia correggo le parole, spendo tempo per spiegare quanto sia pericoloso definirsi in questo modo. Non è una velleità: è la potenza delle parole! E’ la loro vibrazione, che entra direttamente in quella dei nostri organi e delle emozioni. E’ un effetto pesante, concreto, reale sulla cosiddetta salute. La guarigione è un fare, anche quando non c’è niente da realizzare in termini lavorativi o di movimento muscolare: riservare a se stessi l’applicazione dei principi fondamentali dell’energia è un fare, ed è la base naturale del percorso della cura.