L’aggressività passiva: di tutte e tutti, ma in realtà di nessuno.

In psicoterapia esistono alcuni tabù, cioè condizioni che devono sempre riguardare gli altri e mai la persona che sta affrontando il percorso della cura. Una di queste condizioni è l’aggressività passiva o, per dirla meglio, l’essere passivo-aggressivi.

Proviamo a vedere cosa significhi “passivo-aggressivi”. Non si può generalizzare, ma spesso la persona passivo-aggressiva arriva in psicoterapia con alcune problematiche relazionali nella vita privata e/o nella professione: si tratta di incomprensioni attribuite al mondo esterno e non a sé, con qualche raro spazio di coscienza in cui ci si accorge che forse non si è proprio neutri nel provocare le crisi. In ambito lavorativo si tratta di persone che non hanno quasi mai scontri diretti e si ritengono in ottimo equilibrio, senza accorgersi di usare male le parole, le espressioni del volto, la postura e le azioni.

Gli atti passivo-aggressivi riguardano molto le parole: nonostante la calma apparente, a volte perfido la freddezza del comportamento, la persona passivo-aggressiva lascia uscire all’improvviso frasi o considerazioni taglienti, magari perfino crudeli, per poi stupirsi per la reazione altrui. Tende al pettegolezzo, a chiedere “non dirlo a nessuno”, ma non è in grado di valutare l’affidabilità di chi accoglie le confidenze. Non può fare a meno di criticare: è una tendenza naturale che non percepisce come negativa, ma come un semplice porsi in modo “giusto” nei confronti dell’ambiente. Perché la persona passivo-aggressiva dentro di sé crede di essere sempre nel giusto, di vedere meglio di tutti il presente e il futuro, e adotta un contegno che dovrebbe metterla al sicuro dalle guerre e dalle discussioni, cioè dalle situazioni che crede di non potere affrontare. Parte, infatti, da un punto di vista interiore di enorme paura di perdere gli altri, ma anche da una quantità di rabbia sopita superiore al normale. Può soffrire di disturbi della pelle, dell’intestino e dello stomaco, ma anche di patologie del collo, della gola e della tiroide; le spalle e le braccia possono essere colpite da dolori o da veri e propri incidenti che le immobilizzano o rendono difficile il movimento. L’ipertensione è un sintomo abbastanza frequente, per la lotta costante tra impulsività e controllo; il cuore può andare incontro a fastidi per gli stessi motivi e per la carica di ansia derivante da emotività represse o manifestate male. La voce e la postura di solito sono calme, quasi sottotono.

Uno dei grossi problemi in psicoterapia è che il/la paziente con aggressività passiva si sente nel giusto e spesso si atteggia a vittima, non riuscendo a comprendere come mai gli altri siano così ostinati nel reagire male alla sua presenza. Si arriva a posizioni quasi estreme, nelle quali il vittimismo (mai accettato e nemmeno percepito, anzi considerato più che legittimo) spinge a una costante posizione di giudizio sugli altri, che ovviamente non sono in grado di soddisfare le aspettative. Ogni volta che ci si avvicina all’ipotesi di una causa interna e non esterna per i disagi la reazione è negativa: a quanto pare, ammettere di essere passivo-aggressivi è un’offesa per l’amor proprio e per la stabilità emotiva. Una frase classica è: “Mi dovrebbe aiutare a stare meglio, invece sto peggio perché sembra che le cose che accadono siano colpa mia”.

La colpa in psicoterapia non esiste: constatare i propri meccanismi inconsci serve per accettarli senza giudizio ed eventualmente lavorarci su nell’ottica di un maggiore benessere. Se abbiamo alcuni atteggiamenti i motivi ci sono, e sarebbe meglio che li notassimo. L’aggressività passiva è una condizione che si può affrontare e risolvere, ma serve un percorso psicoterapeutico (non un approccio più superficiale) che aiuti i pazienti ad aprirsi all’amore per sé senza rifiutare alcuni automatismi che chiedono di essere guardati.