Capita di sentire che una situazione sia rimasta sospesa, non si sia compiuta. E’ una sensazione, una visione interiore che si manifesta quando ci pensiamo.
Può trattarsi di una relazione oppure di un evento, o di un ruolo professionale o nell’amicizia: anche se è trascorso tempo, una voce dentro suggerisce che non sia stato fatto tutto, che il ciclo non sia concluso.
A livello psichico e relazionale, per permettere lo sblocco di energie mentali e fisiche nuove, è necessario compiere i gesti che chiudono i cicli aperti. Questo significa raffigurare la chiusura in qualche modo: un gesto, un discorso, un rito simbolico. “Non ho mai potuto fare o dire questo”: in terapia alcuni pazienti lamentano di non essere stati in grado di agire per il compimento della situazione. Niente è perduto: si può riparare.
E’ importante identificare l’atto che per la psiche raffiguri simbolicamente la chiusura di quel ciclo. Che le persone coinvolte non siano disponibili o non siano più in vita non ha importanza ai fini della riuscita di questo atto di autoguarigione. E’ la valenza psichica, interiore, del ciclo che deve chiudersi. Fate qualcosa che ai vostri occhi fisici e psichici significhi la fine, il compimento, il rilascio di energie ferme.
Nelle sedute di psicoterapia succede di organizzare insieme atti che invitino l’inconscio a prendere consapevolezza: devono avere una componente visiva (immagini, oggetti) e una base emotiva forte. Ciò che si fa per compiere il ciclo deve essere SENTITO in modo intenso: la sensazione può anche essere negativa, con dolore o rabbia. Importa che l’emozione accenda di verità ciò che si sta facendo.
Nessuna situazione può restare aperta senza bloccare molto altro: le reazioni a catena psichiche esistono e hanno conseguenze. Ciò che va concluso chiede di essere lasciato andare: questa è salute.