Una parola che in medicina e psicoterapia psicosomatica emerge spesso ed è sempre rifiutata è manipolazione. Ricevo molte persone che soffrono per una crisi relazionale (di solito nella coppia) e noto un fenomeno che si ripete con una costanza impressionante: ci si definisce volentieri vittime di manipolazione, ma non si accetta mai di essere manipolatrici o manipolatori.
Nell’approccio di cura le parole non hanno una valenza di giudizio: si usano per come sono, senza che ciò implichi una valutazione etica o morale. Una costante è che si arrivi a un ostacolo nella fluidità del dialogo se si tira fuori anche velatamente l’ipotesi che la paziente o il paziente stiano manipolando o abbiano la tendenza a manipolare: accade spesso, si vede perfino nel rapporto con me perché manipolare è un comportamento che, acquisito o innato, si applica in tutti i casi.
Chi manipola lo fa sempre, e sempre lo nega.
Manipolare porta ad agire e parlare in modo tale da influenzare a proprio vantaggio il/la partner o chiunque altro si abbia davanti per preservare la stabilità della coppia o del ruolo lavorativo, evitare che una terza persona acquisisca eccessiva importanza, garantirsi la serenità, presumere di guarire l’altro/a da un disagio, un dolore o una disfunzione psicofisica, stabilire un contatto molto ravvicinato in modo da mantenere il controllo: si tratta di illusioni, tutte, perché prima o poi si scatena il movimento emotivo opposto.
Manipolare non garantisce il controllo sulle persone: le avvolge e lega per un po’ di tempo (magari per alcuni anni), ma costruisce una tela fragilissima che si sfalda in modo rovinoso appena cambia un dettaglio anche minuscolo nelle condizioni della relazione. Non garantisce nemmeno la stabilità, che di fatto non esiste e non è insita nell’esistenza umana: siamo in un continuo mutamento, nessuno può fare niente per fermarlo. In termini sentimentali manipolare non crea l’amore: si tratta di un sentimento spontaneo le cui fluttuazioni sono normali e dovrebbero essere accettate con fiducia e non influenzate con un comportamento manipolatorio.
Se si vuole ricevere l’amore, quello vero, ci si deve liberare dalla falsa idea di poterlo indurre, plasmare, aumentare o creare dal nulla: siamo in grado di generare artefatti che poi definiamo amore, ma non la sua verità. Nella cura di qualcuno che amiamo, ma anche nella cura dei pazienti, manipolare non serve a niente: collaborare, esistere insieme, camminare verso una direzione comune tutelando il libero arbitrio altrui invece sì.
Se parliamo di libero arbitrio, la manipolazione ne è il contrario. Il problema è che chiunque manipoli dichiara di non farlo (e si offende se emerge l’ipotesi remota che stia accadendo) e sottolinea quanto il libero arbitrio dell’altro/a sia onorato e rispettato: non è mai vero, si tratta di un lavoro sussurrato e sottile giocato sull’onda dei sentimenti, delle emotività, delle memorie usate al presente per tenere legate le persone.
Manipolare fa male a chi agisce e a chi riceve perché ostacola il normale flusso energetico psichico, fisico, relazionale, perfino lavorativo. Nessuno conosce mai gli altri così profondamente da intuire quale ne sia il Bene: prestiamo attenzione a non creare disagio e malattia invece di renderci genuinamente utili.