Il panico e la rabbia riducono le difese immunitarie e mettono a dura prova il sistema respiratorio, il sistema cardiovascolare e l’apparato digerente: anche le ghiandole interne al corpo iniziano a funzionare in modo diverso, e il tono dell’umore si altera progressivamente verso uno stato peggiore. Eppure il panico e una rabbia smodata troppo a lungo protratta sarebbero evitabili, se mantenuti nell’ambito delle emozioni “sane” corrispondenti: l’ansia, la preoccupazione, una rabbia istantanea cui si dia spazio senza renderla quasi cronica servono al sistema corpo-mente per evolvere e rispondere correttamente agli stimoli del mondo.
Se proviamo ansia evolviamo perché siamo spinti a fare qualcosa, a rinnovarci, a scovare soluzioni, e se la rabbia ci accende possiamo usarla per sistemare ciò che non funziona e diventare consapevoli: si tratta di emozioni sane. Si cronicizzano ed enfatizzano all’eccesso quando l’energia che ricevono dall’interno e dall’esterno è eccessiva e incontrollabile: per esempio quando le parole con cui una situazione viene gestita e commentata sono usate senza consapevolezza. Gettare benzina sul fuoco: qualcuno usa questa espressione per rendere l’idea.
Parlare stimola la risposta psicofisica delle persone che ascoltano: dovrebbe essere il primo insegnamento per ognuno di noi, in particolare per chi occupa un ruolo pubblico. Nessuno può invocare l’impalpabilità dell’effetto verbale: si tratta di stimoli fisici, organici, che si riflettono pesantemente sulla salute e sul comportamento di chi riceve. Quando parli provochi un effetto reale: tu che leggi, io che scrivo, tutto noi! Siamo pronti ad assumerci la responsabilità?
Stiamo assistendo a un delirio che avrà sul corpo fisico e sulla psiche della gente il medesimo impatto di una malattia, dell’infezione da virus: ne è responsabile chiunque non sia in grado di fornire informazioni vere con i toni e nei momenti adatti. Che si sia preoccupati è normale, e che qualcuno dotato di impatto pubblico sia incapace di mantenersi in equilibrio può anche fare parte del gioco di ruoli, ma è inaccettabile che si stia trattando un argomento di vita in modo irresponsabile: basta una laurea in medicina e qualche specializzazione che magari non c’entra niente per diventare esperti e vedersi rilanciati con un’opinione personale che assurge alla dignità di Vangelo, e per altri la posizione politica – che dovrebbe rappresentare una tutela e una garanzia per il popolo – è un palcoscenico da cui ululare la propria impreparazione e la paura. E nessuno di noi è esente dalla responsabilità per una deriva che farà peggio del virus: quando lasciamo andare un commento, un’espressione pubblica di disfattismo e di ignoranza (si vedano i commenti nei social network), uno sfogo stiamo amplificando l’onda negativa, il tuono oscuro di cui ogni malattia si serve per accrescersi e proliferare.
Ogni verità (temporanea e opinabile) si può esprimere senza ferire, terrorizzare, umiliare. Lavorare in oncologia mi ha insegnato a scegliere per la cooperazione solo colleghi capaci di infondere cura anche con le parole, e pubblicare libri mi dimostra ogni giorno quanto ci sia bisogno di speranza, amore, visione aperta sul presente (e su un ipotetico futuro). Non ho più bisogno di esplorare troppo per sapere che il sistema immunitario e tutto l’equilibrio corpo-mente non richiedono tanti rimedi chimici o naturali, ma prima di tutto parole, tono, sguardo, emozione costruttiva. Quindi amore. Nessuno è libero dalla responsabilità della distruzione o della cura. E il virus si nutre di questo.