La compagna psicoterapeuta

Può essere una fidanzata, una compagna o una moglie, di solito è donna (ecco perché uso il femminile): nella coppia assume progressivamente il ruolo della confidente, della migliore amica, della psicologa- terapeuta onnipresente. E, tempo dopo, assiste incredula alla rovina dell’Eros e dell’intimità.

Mi riferisco ovviamente a una psicoterapeuta improvvisata, a un ruolo auto-attribuito nella convinzione che sia efficace. Accade in molti amori che credono troppo nella propria solidità: l’evoluzione porta a un cameratismo sicuramente interessante e ricco di vantaggi, ma sempre più vuoto di mistero, curiosità, reciproca stimolazione dell’istinto erotico. Eppure le donne dovrebbero saperlo: non è una leggenda che di solito non si innamorino mai del migliore amico e confidente, lo releghino al ruolo eterno del supporto nelle crisi senza mai concedergli lo spazio di un pensiero sentimentale. L’amicizia confidente, la nudità interiore di fronte a qualcuno compromette la tensione erotica e il desiderio di costruire un percorso di coppia.

Non possiamo vivere spalancati agli occhi di qualcuno: in realtà non lo siamo mai, ma quando ci salta in mente che possa essere una buona soluzione dobbiamo essere pronti a rinunciare del tutto a eventuali risvolti erotici. E, piaccia o no, in un matrimonio o in una coppia che sta insieme da un po’ di tempo le parti erotiche sono ancora necessarie.

Nel mio studio arrivano spesso persone in crisi per amore: una delle imprese più ardue è accompagnarle in un cammino personale che, nella maggioranza dei casi, dovrebbe destrutturare alcune usanze patologiche. Un’abitudine femminile inveterata, per esempio, è la manipolazione: è la convinzione di essere in grado, grazie all’empatia (parola abusata), all’ascolto e a qualche consiglio qua e là, di gestire la psiche e il comportamento del compagno. In realtà dietro un atteggiamento formalmente adorabile si nasconde uno dei più grandi pericoli per la futura armonia: la perdita della libertà di pensiero e comportamento individuali, della differenza e dell’identità.

Due persone libere continuano ad amarsi, due prigionieri psicologici prima o poi cercano di forzare la porta della prigione. Ecco perché a un certo punto tutto (o quasi) esplode, e perché si fa fatica a ritornare indietro. Troppo radicata è la certezza di avere un ruolo centrale nel supporto psicologico al compagno, e troppo incredibile diventa convincersi che sia proprio la cosiddetta confidenza (“mi dice tutto”) ad avere causato la frattura.

La compagna psicoterapeuta fa una fatica immane, di solito mette se stessa apparentemente dietro la figura del marito, ma sta agendo per restare centrale nella sua vita: tanta energia potrebbe essere indirizzata meglio, con risultati più piacevoli e duraturi, semplicemente continuando ad amare e a lasciarsi sorprendere dalla libertà di chi si ha a fianco. Un’anima libera è la base per l’amore.