Prendersela con gli altri non aiuta

E’ un periodo straordinario, cioè fuori da ciò che consideriamo ordinario. Le misure di precauzione sul contenimento della pandemia incidono sul nostro modo di vivere e di interpretare gli eventi, le relazioni, le persone: accade soprattutto a chi è stato colto impreparato, non essendo abituato a una calma interiore che è, in fondo, l’unico vero rimedio. Se siamo arrivati a questo cambiamento senza avere mai badato troppo al nostro sentire, se abbiamo rivolto poco lo sguardo dentro di noi probabilmente stiamo soffrendo più degli altri.

Il motivo per cui tutti dovremmo dedicare tempo alla visione interiore e al raggiungimento di un certo grado di consapevolezza è che solo da una posizione di equilibrio interiore dinamico (cioè mutevole) si possono affrontare le novità, i cambiamenti, i cosiddetti traumi.

Le emozioni si stanno amplificando: è normale, l’idea di essere reclusi (non lo siamo veramente) fa sentire come un’imposizione ciò che invece è protezione, è una norma di totale buonsenso a favore di ogni singola persona. Tutti voi che state leggendo ricevete aiuto da chi decide di restare in casa e, uscendo, adotta i presidi di sicurezza (la mascherina, soprattutto), e sempre voi che leggete garantite agli altri uguale, preziosissimo aiuto.

Cambiano le modalità di relazione. La scuola di specializzazione in psicoterapia psicosomatica di Riza che sto frequentando si è subito organizzata con le lezioni e l’esame con la connessione internet, e lo stesso fanno tanti professionisti che, come me, ricevono pazienti per colloqui medici o psicologici via Skype o Zoom. Quando qualcosa cambia, anche noi ci modifichiamo: è così, deve essere così.

Il fatto è che non sempre è facile: anche questo vale per tutti. Ci sono cose che abbiamo perso e ritorneranno, altre invece non ritorneranno più: ne abbiamo e avremo altre, differenti. E allora in alcuni si manifesta la rabbia: si desidera trovare un colpevole, un capro espiatorio, una vittima sacrificale. Si nota in famiglia, nei gruppi che si ritrovano con gli strumenti dell’informatica (Skype, Zoom eccetera), si rende molto evidente nei social network: si ha meno pazienza, si litiga per motivi futili, si decide di detestare o addirittura odiare qualcuno solo perché indossa un colore non gradito.

Chi vediamo sorridere irrita perché nella nostra percezione sta violando lo spazio sacro dell’altrui lutto (non è vero, spesso chi sorride lo fa avendo uno o più lutti da affrontare), chi si mostra incoraggiante non conosce i problemi veri della vita (in realtà li conosce meglio di tanti altri), chi suggerisce rimedi per i giorni da passare in casa è sciocco e infantile (non vedo niente di adulto nel crogiolarsi nel disfattismo). Questo atteggiamento rancoroso, rabbioso, non aiuta, non contribuisce ad affrontare meglio il gigantesco cambiamento che è e sarà questa pandemia. Gli occhi vanno rivolti dentro di noi, vanno usati per osservare senza giudizio ciò che stiamo vivendo, accettando di seguire il flusso e con la curiosità di scoprire dove si stia andando.

Aprirsi allo scorrere della vita, accettare progressivamente che tutto si stia rivoluzionando, dedicarsi a sé con un po’ di gioco, di creatività, di disponibilità ad accettare che forse non tutto sarà negativo significa curarsi. Con chiunque vogliate prendervela, non otterrete di liberarvi dalla clausura terapeutica e di alleggerire il peso delle emozioni: solo accettandole e lasciando che vadano fluide dopo avervi consegnato il loro messaggio saprete aiutare voi stessi.