Una delle lamentele più frequenti nel rapporto donna-uomo è che la donna abbia assunto connotati psicologici e comportamentali maschili: chi si lamenta, è ovvio, è l’uomo, che in alcuni casi sente di avere perso alcune prerogative tipiche e il proprio ruolo nella coppia, nella famiglia, nel lavoro. Siamo sicuri che abbia sempre torto?
La riflessione sociale non mi interessa: rifiuto ogni –ismo, non seguo filosofie femministe o maschiliste perché le trovo sbilanciate a priori. Sono potenzialmente patologiche perché non tengono conto della necessità fisica ed energetica di una convivenza armoniosa tra forze differenti e complementari. La differenza deve esistere, non può essere livellata o annullata: è punto di forza, ampliamento, apertura verso un’evoluzione. Differenza non è superiorità o inferiorità e non è giudizio: è la meravigliosa constatazione che integrando punti di vista non uguali si raggiungano obiettivi più ambiziosi.
Dal punto di vista medico olistico l’espressione di energia maschile e femminile da parte dell’individuo è centrale per lo stato di benessere o di disagio.
Seguo donne (settanta per cento dei casi) e uomini (trenta per cento) che, a vario titolo, hanno un’ipertrofia di una delle due energie: senza scomodare Jung e i suoi Anima e Animus (andate a leggere qualcosa in proposito, se vi va), spesso è come se le donne – in particolare – reagissero alla minaccia dell’inferiorità atavica enfatizzando atteggiamenti maschili. Non è una soluzione, non lo è in ambito lavorativo ma neanche nella coppia: manifestare energia maschile se si è donne è normalissimo perché ognuno di noi possiede entrambe le forme di energia, ma rendere predominante quella che non è peculiare per l’identità sessuale crea profondi scompensi.
Non alludo all’essere eterosessuali, omosessuali o bisessuali (tragiche e limitanti definizioni che in me trovano un interesse pari a zero), ma all’incarnare se stessi in pieno senza assumere comportamenti difensivi o nevrotici che non fanno altro che rallentare il percorso e l’armonia: che la coppia sia tra uomo e donna o tra donna e donna o tra uomo e uomo, l’energia deve fluire in modo dinamico (mai uguale a se stessa) e con equilibrio. Se oggi esprimo energia maschile in modo evidente, devo aspettarmi che chi mi frequenta lo noti e, qualunque sia il suo sesso di nascita o di acquisizione, reagisca modificando la sua emissione energetica nei miei confronti. Ciò accade moltissimo nella coppia.
Ogni realtà umana di gruppo o di coppia ha un proprio quantitativo di energia che risponde alle fluttuazioni dei singoli individui: se aumento il mio investimento energetico in un certo modo, le persone che vivono con me saranno costrette a modificare il loro. Ecco perché, per esempio, l’insicurezza che spinge a telefonare cento volte al fidanzato fa sì che lui riduca progressivamente le manifestazioni spontanee di interesse: non è solo mancanza di spazio per dimostrare il proprio amore (se continui a chiamarmi tu come faccio a cercarti io?), ma una conseguenza istintiva dello sbilanciamento energetico.
Nella coppia, se io – donna – agisco con tanta energia maschile non potrò chiedere al mio partner di essere “più uomo”: non lo potrà fare perché, insieme a me, sarà in uno scambio vibratorio che ha dovuto equilibrarsi. Semplice, intuitivo ed efficace. Ecco perché la soluzione ad alcuni problemi relazionali è rilassarsi e ritrovarsi, sentire ciò che si è e si desidera esprimere e non forzare le cose: l’energia spontanea sa come e dove agire, senza interferire lasciamo che ci aiuti.