L’amore non è tormento

Mi sento quasi in colpa perché dirò una cosa ovvia: l’amore non è dolore, non è tormento, non è strazio interiore; infatti si chiama amore e non dolore, tormento, strazio, e se ci pensate le parole indicano sempre un concetto ma anche il suo significato.

Ultimamente in questo blog mi concentro spesso sui problemi che nascono nella coppia o nelle persone singole che soffrono per amore: questa alta frequenza deriva dal numero di consulenze che mi sono richieste per blocchi (sarebbe meglio dire “ingarbugli”) sentimentali. Uno dei maggiori problemi è l’idea che si ha dell’amore: una certa letteratura e i condizionamenti culturali hanno creato la pericolosissima fantasia che se non contiene un po’ di turbamento negativo non sia amore. E’ falso e folle, una costruzione fittizia responsabile di ogni sorta di crisi.

Il punto centrale è che siamo tentati di definire cosa sia l’amore infilandoci la razionalità e un po’ di dramma, ed è un errore. I cosiddetti intellettuali e in generale le persone che lavorano molto con la mente, per esempio, sono propensi a manipolare la concezione dell’amore rendendola un insieme di autotortura, perfezionismo razionale, afflato poetico volto verso il dramma, carnalità altalenante tra l’ascesi e la perversione: in questo modo perdono la spontaneità e la semplicità di un sentimento che, da solo e nudo, contiene tutte le emozioni necessarie a riconoscerlo e a viverlo senza farsi male. Chi vive con la testa rivolta al passato, concentrato/a sui traumi vissuti, ha una visione duplice di cosa possa essere l’amore: una salvezza dai pensieri che incatenano alle memorie e l’eterno rischio che, di nuovo, si verifichino dolori mai definitivamente lasciati indietro. Questi nostalgici della tragedia tendono, prima o poi, a riprodurre inconsapevolmente lo schema che dichiarano di rifuggire: anche quando un amore va benissimo devono rovinare qualche dettaglio perché non sono capaci di gestire la serenità. Un altro modo efficace per bloccare il fisiologico fluire del sentimento amoroso è ragionare sui dettagli: cosa sta andando bene e cosa no nella coppia e nella relazione? In questo caso si sta usando il canale sbagliato per affrontare un pensiero inutile: emozioni e sentimenti non rispettano le regole della razionalità, quindi è inevitabile che appaiano imperfetti, fallaci, zoppicanti quando filtrati dalle aree cerebrali inappropriate.

Basterebbe ricordare di cosa stiamo parlando: l’amore è un moto spontaneo, impossibile da governare, perfetto come è. E’ gratuito, non possessivo, a vibrazione elevata e capace di trascinare con sé i più titubanti. L’amore è energia potentissima, a patto che non sia ingabbiato nelle nostre convinzioni. Non è affatto vero che debba contenere anche il tormento: è un’idea che serve ai poeti e agli artisti per le loro meravigliose e fantasiose creazioni. Trasposta alla realtà quotidiana, questa idea va rivista e modificata. Amare significa sorridere, essere sereni e contenti per la presenza dell’altro, prendersi cura e riceverne, proporre gioia e non tristezza, essere aperti a ciò che accade e per niente spaventati dall’evoluzione futura. Amore è volere il bene dell’altro, desiderarne l’erotismo e la passione e accettarne la diversità da noi. Amore è essere diversi e farne tesoro, senza piangerci su e senza tentare di manipolare. In una coppia l’amore è reciproco, anche se espresso in modo variabile e adatto all’interiorità di ognuno. Il pensiero sull’amore va fermato quando spera di convincerci che esistano canoni letterari entro i quali viverlo: il rischio è che una relazione positiva e quieta sia scambiata per noia, solo perché i due amanti non trascorrono le loro giornate sospirando e angosciandosi per qualche stortura che rende cupo e tenebroso il cielo.