Nella Via della Cura essere consapevoli è il dono dell’istinto.

Non esiste evoluzione senza una presa di coscienza: sapere a che punto ci si trovi è saggezza.

Il guaio degli occidentali è che non riescono a fermarsi in tempo: quando riescono a trovare un centro, a visualizzare e sentire la Voce che parla dall’interno, devono immediatamente trarre conclusioni e azzardare bilanci o strategie successive. E’ un errore: ci si dovrebbe fermare nel momento in cui si ha l’illuminazione, lasciando che essa lavori per farci muovere, parlare, reagire senza l’interferenza della mente razionale.

Avete presente i momenti nei quali vi siete lanciati a fare qualcosa senza premeditazione? Come è andata? Se davvero siete partiti da un silenzio preventivo, sicuramente avete modificato in meglio la vostra vita o la vita altrui. Possediamo un sistema meraviglioso che non dipende da quanto ci affanniamo a farlo funzionare: lo vedo esistere con naturalezza e spontaneità nelle persone che ricevono sessioni energetiche tipo Reiki (o qualunque altra tecnica, la differenza sta solo nei nomi) e in chi ha aperto doni spontanei di intuito e sensitività. Spesso la bocca “parla da sola”, la mente riceve input fulminei e risolutivi, le azioni nascono da un nulla che si rivela salvifico. Il motivo è che la consapevolezza vera sta nelle radici oscure, nel silenzio di un mistero che, pure non del tutto elaborato scientificamente (per ora), non si stanca mai di aiutarci.

La consapevolezza non è la base per una serie di meccanismi razionali che si attivano e portano a qualche presunta conclusione: è energia pura, è forza vitale che si mette a lavorare da sola, senza che la stimoliamo incarcerandola nei limiti e nei condizionamenti della cosiddetta “ragione”. Il fatto che chiamiamo ragione una parte della mente (quella razionale) e la correttezza di qualcosa (“hai ragione”) dice tanto sull’impostazione della cultura che ci plasma: ci si è convinti che niente sia superiore alla razionalità, e che gli istinti siano da guardare con sospetto. Pochi si domandano come mai proprio gli istinti siano la base per la sopravvivenza, con la loro prontezza nella reazione ai pericoli (per esempio).

Essere consapevoli non è ripetere verbalmente a se stessi quale sia la situazione: quando si fa così si ottiene un pensiero ricorrente, a volte un’ossessione, non si penetra nell’inconscio che continua indisturbato a marciare per la sua strada. La consapevolezza nasce dal sentire: sento dove sono e cosa mi ha portato qui, lo sento e non faccio niente di razionale per modificarmi. Lascio che sia, concedo al sentire la supremazia, la decisione segreta su come reagirò: succede sempre qualcosa, dopo, ed è in armonia con il risultato positivo. Perché nell’istinto c’è saggezza, c’è la tendenza alla pace e non alla guerra, la ricerca di una salute vera che non sia solo la riparazione del corpo fisico.

Sappiate fermarvi prima di costruire castelli razionali che origineranno gigantesche prigioni: il vostro Guaritore Interno non funziona così.