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La guarigione interiore non è una moda New Age o una fissazione sciamanica

Mi sono messa in testa di onorare la medicina tradizionale ampliandone i confini ed esplorando la vera Cura, cioè l’approccio complesso unico per ognuno che tiene in considerazione paritaria il corpo fisico e i livelli energetici più elevati, le emozioni, le aspettative e tutto ciò che è Ben-Esistere. Perché possiamo essere fisicamente sani, almeno temporaneamente, ma non percepire come positivo il nostro essere in vita giorno dopo giorno: questa non è salute vera.

Si è in equilibrio, cioè in salute, quando si vive anche nella realtà materiale ciò che esiste dentro, in conformità con il nostro stato interiore e istintivo in quel periodo, a quell’età, in quei luoghi.

Da anni sentiamo parlare di guarigione interiore, rimedi olistici, anima, psiche, mente integrata al corpo, equilibrio… La presa di coscienza di massa (o quasi) nel mondo occidentale riguarda i molteplici aspetti dell’Essere Umano, senza che medicina e psicologia (con tutte le loro derivazioni) siano riuscite, insieme, a esaudirne i desideri e le esigenze. In particolare, l’attenzione si è spesso rivolta alla guarigione interiore e al suo ruolo fondamentale nel ritorno alla salute fisica.

Che dentro di noi esistano meccanismi in gradi farci ammalare è chiaro anche ai più scettici: diamo nomi differenti ai concetti teorici, ma siamo consapevoli che non basti un errore (anche ripetuto) del DNA per giustificare alcune malattie che colpiscono alcuni e non altri, nonostante stili di vita e fattori di rischio apparentemente analoghi. Deve esserci un interruttore interno che azioniamo senza renderci conto: fa click e scatta il processo patologico, altro click e favorisce la guarigione. Fantastico, ma come si scova quell’interruttore e come si ottiene il click positivo?

Da quando ho raccontato nei libri che mi occupo di una ricerca concreta, quotidiana sul cammino della medicina integrata e degli approcci di cura non convenzionali ho incontrato ogni genere di operatore olistico, ed è stato un enorme, gigantesco insegnamento: ho appreso tecniche, segreti, vie che non avrei sospettato esistessero. Sono felice e grata! Ho anche notato, però, che in giro esiste un filone di trionfale entusiasmo basato su scarsi o nulli dati: un classico comunicativo è sentirmi dire che i risultati di un certo rimedio olistico siano straordinari, ma mi si diranno più in là. Si dimentica che, da medico che a lungo si è dedicata alla ricerca, bado ai risultati quando sono numericamente credibili e analizzabili con uno studio: la fissazione per la precisione sta nella mia Luna in Vergine nel tema natale, ma anche in una preparazione medica di cui vado fiera. Oltretutto, una lettura di PubMed (per esempio), un motore di ricerca scientifico, dimostrerà che all’estero tanti centri di eccellenza sono avanti negli studi clinici che riguardano le tecniche non convenzionali.

Ritorniamo alla guarigione interiore: secondo alcuni operatori estremisti la si ottiene con certezza con i rimedi che insegnano loro, e il corpo seguirà il miracolo. Si arriva a insinuare che la medicina convenzionale in uso ai pazienti sia poco corretta e gli specialisti incapaci di dare ciò che l’operatore di turno sta garantendo: se i pazienti stanno molto soffrendo è un goal a porta vuota, si agisce bassamente sulla fragilità altrui (comportamento pochissimo olistico, ma pazienza).

L’estremismo è la rovina della medicina convenzionale, ma anche delle tecniche olistiche che vogliono (presuntuosamente e stupidamente) chiamarsi alternative. La guarigione interiore è il passo necessario per accedere a una Via della Cura individuale che metta insieme scienza e interiorità, psicologia e rimedi olistici: è la ricerca dentro se stessi del vero Ben-Esistere. E allora sì, il corpo risponde, ma non lo fa come vorrebbero spiegarci i santoni dell’iperscientificità o dell’iperalternativa. Guarire dentro di sé significa intraprendere un viaggio e prendere in mano la responsabilità di se stessi, accettare di osservare con consapevolezza i pensieri, le azioni e le reazioni accettandoli con amore e lavorando in armonia con le radici fondanti e misteriose di ciascuno. Rivolgere lo sguardo all’interno non è incompatibile con la presenza di terapeuti, anzi: il percorso può essere condiviso, può avvalersi di incontri e colloqui e pratiche che lo rendono più intenso e veloce, meno approssimativo.

Nella mia esperienza, che ormai è lunga, la scelta migliore è la cooperazione tra colleghi di medicina e di integrazione terapeutica: non ci crederete, ma andare d’accordo per amore dei pazienti non solo è possibile ma è altamente desiderabile. Fa parte della Via della Cura: medici e terapeuti di ogni genere sono esempi vividi, sono guide che accompagnano, non possono mostrarsi litigiosi o polemici l’uno con l’altro. Dimostrano, altrimenti, di non avere mai raggiunto la propria guarigione interiore, l’equilibrio e la coerenza di comportamento e pensieri: come potrebbero insegnarli ad altri?