Nel mio studio arrivano persone che si affannano a studiare, scrutare, esaminare il/la partner alla ricerca dei significati possibili per comportamenti che affermano di non riuscire a comprendere: il tempo impiegato per l’analisi di dettagli che sono solo percezioni, quindi niente di oggettivo, è impressionante. L’energia dispersa sarebbe in grado di costruire, se indirizzata meglio, una relazione fantastica proprio con il/la partner che stanno minuziosamente sottoponendo a severissimi esami.
Poi c’è chi attribuisce al/la partner la colpa per la propria infelicità, per gli insuccessi, per l’abulia, per la tendenza depressiva che, sottile, si insinua in ogni gesto: questo scarico di responsabilità è un tentativo disperato di non guardare se stessi, di buttare via la consapevolezza che niente e nessuno può davvero farci male, se non noi stessi.
Lo guardo sull’altro è un’esperienza comune e vanifica molti tentativi di costruire un rapporto evolutivo e piacevole. Chiunque entri in studio affermando di conoscere bene la persona che vive al suo fianco ha da me un silenzio gentile, ma mai l’adesione a tale idea: non è vero, nessuno può arrivare e descrivermi realisticamente qualcun altro, soprattutto se non presente. La direzione dello sguardo è sbagliata.
Parlo spesso di Via della Cura: ebbene, il primo passo fondamentale su questa via è direzionare gli occhi verso l’unico, vero destinatario dell’attenzione, cioè se stessi. Guardare dentro se stessi e fuori da sé, cioè la persona che sta dentro e quella che appare fuori, è un processo necessario che sgombrerà il cielo da nuvole non necessarie. Siamo noi e solo noi a creare la realtà che viviamo: lo facciamo con i pensieri, le emozioni, le percezioni, l’interpretazione soggettiva di ciò che accade intorno.
Dipende da noi, solo da noi. Possiamo usare un punto di vista in luce o nel buio, reagire agli stimoli in mille modi. Possiamo decidere di rifiutare la verità, cioè che la causa del disagio stia dentro e non vada analizzata ma solo accettata per lasciare che crei ciò che vuole creare, oppure mettere una benda sugli occhi e accusare intorno, a caso, gli esseri umani che ci circondano. La Cura è dentro, mai fuori: la vogliamo davvero cercare?