La riflessione nasce da alcune reazioni alla pubblicazione di alcuni simboli Reiki sulla mia pagina pubblica in un social network. I commenti di alcuni praticanti Reiki sono stati abbastanza contrari all’Amore che Reiki professa, all’apertura del cuore necessaria per comprendere l’essenza della Luce e dell’Energia: la critica è che dovrei mantenere il segreto su tali simboli, peraltro pubblicizzati e rilanciati in centinaia di siti internet da persone che – come me – credono alla condivisione e non al senso effimero di potere insito nel mantenere un segreto di Pulcinella.
Reiki ha tanti simboli: li trovate anche in alcuni bellissimi testi che si acquistano in libreria e spiegano la filosofia di questa pratica che in tanti Paesi del Mondo è inclusa nelle prestazioni del benessere o della medicina olistica. Hanno un senso, questi simboli? Sì, ma il loro uso dipende dalla coscienza e dalla disposizione d’animo di ogni operatore e non da riti che accrescono l’Ego e millantano chissà quale magia. Condividere la propria conoscenza non è svendere: è ammettere la sacralità dell’essere umano dando dignità all’individuo come meritevole di ogni possibile aiuto. La visione di simboli di cui qualcuno non comprende (inizialmente) la portata ma che forse apriranno nuove vie di equilibrio, di evoluzione, di amore e pace può essere un modo per donare e fare fluire l’Energia che è di tutti, nessuno escluso.
Chi usa Reiki per aiutare gli altri non è superiore, più elevato o spiritualmente migliore degli altri: ha scelto una strada e si mette a disposizione del prossimo, è un canale e uno strumento che spalanca se stesso all’Amore e al mistero per il bene di chi chiede aiuto. L’attivazione Reiki è un rito, lo studio dei simboli è meditazione ma anche rito: amare e aiutare gli altri per fortuna va molto oltre le inevitabili limitazioni che ogni rito ha. Non servono riti per usare bene la connessione con l’Energia: tutte le altre tecniche che non si chiamano Reiki lo dimostrano.
Chi sceglie di aiutare apre e non chiude, condivide in scienza e coscienza e non si ferma a giudicare se gli altri siano degni o meno di ricevere informazioni che potrebbero cambiare in meglio la vita.