Avete sentito parlare di Reiki, di pranoterapia, di Reconnective Healing o Guarigione Riconnettiva, di Theta Healing e di tante altre tecniche che si prendono cura della persona usando l’interazione con l’Energia. Per la mia formazione medica niente di nuovo: in radioterapia, per esempio, si può trattare il paziente con raggi di diversa natura usando fonti e macchine differenti. Non importa il nome che diamo: importa che funzioni.
Quando mi si chiede se pratico Reiki spiego che sono Grand Master Reiki (avendo iniziato come Master in differenti tipi di Reiki, che amo moltissimo perché ne distinguo i colori, gli effetti, la vivacità), ma uso la Reconnective Healing perché l’ho trovata più adatta, più tangibile, con risultati più evidenti.
E’ la mia esperienza, certo, e non sto affermando che a priori una tecnica sia migliore di un’altra. Ciò che realmente cambia è la sicurezza dell’operatore nell’avere studiato, sperimentato, meditato, sentito, ricevuto e donato in questa o quella tecnica: l’esperienza, quindi, ma anche la sua onestà e apertura di cuore.
Ogni operatore dovrebbe avere sviluppato un approccio individuale, pure conoscendo bene gli insegnamenti dei Maestri: è questo l’indice di un’esperienza genuina e vera.
Le tecniche sono solo tecniche: ciò che importa è che incontriamo qualcuno che interagisca con l’Energia avendo identificato una via propria, amando profondamente ogni paziente e riconoscendo che la cura non è un atto “agito” ma il risultato del rapporto diretto tra il paziente e l’Energia.
L’operatore che dice “io ti tratto, io ti curo” ha un grosso problema di ego. Ciò che noi operatori facciamo è aprire porte, metterci a disposizione, usare i nostri anni di studio e cura per fare sì che ogni singolo paziente percorra una via unica e speciale verso l’equilibrio corpo-mente. Che sia mente o corpo, si chiama GUARIGIONE.